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Epstein-Barr virus - virus della mononucleosi infettiva

Page history last edited by Lale Lale 12 years, 11 months ago

 

Famiglia 

Herpesviridae 

Genere 

Linfocriptovirus

Specie  

Human herpesvirus 4

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 Morfologia 

 

                                                                 

Epstein-Barr virus osservato al microscopio e infezione causata dallo stesso 

 

 

Nel 1964 due ricercatori, Epstein e Barr, individuarono e isolarono per la prima volta un nuovo herpesvirus: l'Epstein-Barr virus (EBV) e a partire dal 1968 venne riconosciuto come responsabile della mononucleosi infettiva.

 

L'Epstein-Barr virus ha un diametro di 180-200nm, una forma sferoide ed è abbastanza simile agli altri herpesvirus.

 

 

Generalmente è costituito da quattro componenti:

 

  • PERICAPSIDE: è una membrana fosfolipidica esterna, che presenta glicoproteine virus-specifiche che sporgono dalla sua superficie.
  • TEGUMENTO: è una membrana lipoproteica disposta attorno al capside icosaedrico.
  • CAPSIDE PROTEICO ICOSAEDRICO: è un contenitore che racchiude il nucleo. È costituito da 162 capsomeri, ovvero ripetizioni di subunità proteiche. Il capside è detto icosaedrico in quanto deriva dall'unione regolare di più proteine, ognuna delle quali è chiamata monomero. Queste ultime si possono unire cinque a cinque (formando i pentoni) oppure sei a sei (formando gli esoni); nel caso dell'Epstein-Barr virus il capside è composto da 150 esoni e 12 pentoni. 
  • NUCLEO: al suo interno si trova il genoma (patrimonio genetico) costituito da una singola molecola di DNA lineare a doppia elica. Quest'ultimo è caratterizzato da diverse sequenze ripetute.

 

 

                             

 

 

 

 

 Ciclo vitale

 

 Epstein-Barr virus

 

L'Epstein-Barr virus, come qualsiasi altro virus, ha bisogno delle strutture interne di una cellula (eucariote o procariote) per riprodursi.

Le cellule che l'EBV colpisce (cellule bersaglio) sono: i linfociti B con trasmissione orofaringea e quelle che vanno a formare i tessuti epiteliali orofaringei.

 

Inizialmente il virus penetra in questi tessuti dove si replica e successivamente viene liberato dalle cellule epiteliali faringee colpite nella saliva, raggiungendo i linfociti B (anticorpi) infettandoli.

 

L'EBV presenta sulla sua membrana esterna delle glicoproteine specifiche (gp350 e gp220), che sono in grado di legare un recettore, utile per "attaccare" i linfociti. Questi ultimi presentano sulla loro membrana il recettore che serve al virus (in questo modo l'Epstein-Barr è in grado di aggirare le difese dell'organismo da lui attaccato); una volta che il virus si lega a tale recettore, penetra all'interno del linfocita e il suo DNA rimane all'interno dell'anticorpo attaccato attraverso due forme:

 

  • EPISOMIALE dove il DNA del virus resta con una forma circolare e non si "collega" con il materiale genomico dell'ospite;
  • INTEGRATA dove il DNA del virus si unisce con il genoma dell'ospite. 

 

Se il DNA si trova in forma integrata allora si avrà un inizio del ciclo replicativo del virus con una conseguente morte della cellula infetta per lisi (rottura della membrana cellulare), poichè quest'ultima "impazzisce" a causa di un sovvertimento di tutto il suo programma e disperderà i virus neoformati nell'ambiente circostante.

 

 

 

 

Nell'immagine sovrastante si può notare come il virus inizialmente liberi all'interno della cellula ospite (nel citoplasma) il nucleo avvolto dal capside proteico, liberandosi di pericapside e tegumento.

 

 

 

 

 

 

Successivamente (figura sovrastante) attraverso i pori nucleari della cellula infetta, il genoma virale (separato dalle proteine capsidiche) viene a contatto con il DNA della cellula e hanno inizio la trascrizione genica e la replicazione del DNA.

 

Se invece il DNA si trova in forma episomiale allora ne seguirà uno stato di latenza nel quale il virus non si moltiplica all'interno della cellula. Questo periodo può durare per moltissimo tempo e di conseguenza l'individuo colpito dall'EBV può presentare per tutta la vita una serie di cellule infette.

Inoltre sono distinguibili tre tipi di latenza del virus: latenza I, latenza II e latenza III.

 

Nella latenza I l'EBV rimane per tutta la vita del portatore sano all'interno delle cellule B della memoria (ovvero quelle cellule che, nel caso in cui si ripresentasse una malattia già contratta, sono in grado di riconoscerla e di dare una risposta difensiva).

 

La latenza II è stata anche ritrovata in diverse malattie o tumori, come la malattia di Hodgkin, il carcinoma (tumore) del rinofaringe e in diversi linfomi.

 

La latenza III è stata anch'essa riscontrata in diversi linfomi.

 

 

Il genoma del virus comporta la produzione di alcune proteine chiamate antigeni EBNA (sei proteine diverse tra loro e numerate da EBNA-1 a EBNA-6), che sono in grado di modificare l'espressione del DNA dei diversi geni e di attivare permanentemente i linfociti B, che in questo modo proliferano in maniera indefinita (immortalizzazione cellulare) sotto il controllo delle proteine EBNA, di tre proteine di membrana (LMP1-2A-2B) e di EBER1 e EBER2 (due RNA non poliadelinati) e il suo periodo di incubazione va dalle quattro alle sei settimane.

 

Ecco come può essere rappresentata l'azione patogena del virus

 

                                                    

Progressione dell'infezione da EBV. L'infezione può produrre infezione litica o immortalizzazione, distinguibili sulla base della produzione virale e l'espressione di differenti proteine ed antigeni virali. Le cellule T limitano la proliferazione delle cellule B infette da EBV. EA= antigene precoce; VCA= antigene del capside virale; MA= antigene di membrana; LYDMA= antigene di membrana definito per i linfociti.

 

 

Riassumendo:

 

 

                                                          

 

 

 

 

 

 Utilizzo e Controllo

 

L'EBV oltre a causare la mononucleosi infettiva, viene associato anche alla sindrome della fatica cronica e a diversi tumori come ad esempio il linfoma di Burkitt. Quest'ultimo venne analizzato dal chirurgo Denis Burkitt, che stava studiando in Uganda le possibili cause di questo tumore riscontrato nei bambini africani.

Fu proprio Burkitt che, ritenendo necessari altri studi sul linfoma, mandò delle cellule prelevate dai pazienti ammalati in Inghilterra. Epstein e Barr furono coloro che esaminarono tali campioni.

 

 

Bambino affetto dal linfoma di Burkitt

 

 

La mononucleosi infettiva può anche essere chiamata, a secondo dei casi, con diversi nomi: malattia o morbo di Pfeiffer; febbre ghiandolare di Pfeiffer (prende il nome dal medico che le descrisse nel 1887);  adenite acuta infettiva; linfoadenosi acuta epidemica; febbre ghiandolare e malattia di Filaton. 

 

Ecco come il virus può portare alla formazione di un tumore

 

               

 

Progressione dell'infezione da EBV. L'infezione può produrre infezione litica, latente o immortalizzante, distinguibili sulla base della produzione virale e l'espressione di differenti proteine ed antigeni virali. Le cellule T limitano la proliferazione delle cellule B infettate da EBV e mantengono l'infezione latente. EA= antigene precoce; EBER= RNA codificato da Epstein-Barr; EBNA= antigene nucleare di Epstein-Barr; LMP= proteina latente di membrana; LP= proteina latente; VCA= antigene del capside virale; MA= antigene di membrana; ZEBRA= peptide codificato dalla regione genica Z.

 

 

 

 

Recenti ricerche, inoltre, hanno dimostrato che l'EBV può provocare la sclerosi multipla: tale virus, essendo trasportato dai linfociti B, riesce a penetrare nel sistema nervoso. Le cellule infette, espandendosi, aumentano la quantità di virus, comportando così una risposta infiammatoria cronica, generata dallo stesso sistema nervoso che tenta in questo modo di eliminare l'EBV. Questa risposta provoca il danno cerebrale assocciato alla malattia.

 

Più del 90% della popolazione è portatrice sana dell'EBV e la mononucleosi si manifesta prevalentemente in una fascia di età che va dai 15 ai 25 anni.

Risulta facile contrarre tale malattia, perchè la trasmissione dell'Epstein-Barr virus avviene attraverso i contatti intimi e proprio per questo motivo la malattia viene anche chiamata "malattia del bacio", in inglese Kissing Disease (il virus è contenuto nella saliva e nelle urine).

 

La sintomatologia è caratterizzata da: febbre, malessere generale, forte mal di gola, linfonodi abbastanza ingrossati e ben distinti tra loro, possibile formazione di placche maleodoranti, stanchezza (astenia) e perdita di energie, perdita di peso e dolori muscolari.

In circa metà dei casi si riscontra anche una splenomegalia, ovvero un ingrossamento della milza che provoca dolore; inoltre possono anche verificarsi eruzioni cutanee di tipo maculare. 

Un'altra manifestazione comune è l'epatite con ittero ed epatomegalia. Infine possono essere coinvolti anche l'apparato respiratorio (con presenza di dolore toracico, tosse e dispnea), il miocardio (aritmia e tachicardia) e il sistema nervoso (polineurite e cefalea).

Nei bambini, però, i sintomi non si presentano oppure sono indistinguibili dalle altre malattie dell'infanzia.

 

 

                                                        

 

                                                                   Esempi di placche provocate dalla mononucleosi infettiva 

 

 

Nella schema seguente, inoltre, è possibilie paragonare i sintomi di un individuo affetto da mononucleosi con alcuni dati, che possono essere ricondotti a tale malattia, ottenuti in laboratorio. 

 

Decorso clinico della mononucleosi infettiva e reperti di laboratorio. L'infezione da EBV può essere asintomatica o produrre i sintomi della mononucleosi. Il periodo di incubazione può prolungarsi per più di due mesi. EA= antigene precoce; VCA= antigene del capside virale.

 

 

 

Nel caso in cui venissero somministrate penicilline all'individuo affetto, si possono riscontrare delle eruzioni cutanee che causano prurito.

 

Nell'immagine a lato è possibile vedere la reazione causata da

ampicillina in un paziente. 

 

Per quanto riguarda la diagnosi, risulta difficile poter prevenire la mononucleosi infettiva poichè il virus ha un periodo di incubazione lungo, ma sicuramente è consigliabile evitare di bere dallo stesso bicchiere o di mangiare dallo stesso piatto.

È però possibile eseguire tre tipi di analisi (attraverso il prelievo di sangue), che possono rilevare la presenza del virus. Queste analisi sono il monotest, gli anticorpi antivirus di Epstein-Barr IgG e IgM e la reazione di Paul Bunnel; nonostante questi test è comunque difficile diagnosticare la malattia. Questi ultimi, inoltre, vengono prescritti insieme alle analisi al microscopio dei globuli bianchi (se è presente il virus risultano molto grossi e prendono il nome di virociti o linfociti attivati) e delle transaminasi (in presenza del virus potrebbero risultare alte).

 

 

                              

 

                           Ecco come si presenta al microscopio un campione di sangue di un individuo malato. In blu sono visibili i linfociti aspecifici

 

 

 

 

Il monotest, se l'EBV è presente nel sangue, risulta positivo; nonostante ciò anche se il test risulta negativo, il virus può essere ugualmente presente.

Una volta risultata positiva l'analisi, si procede con la reazione di Paul Bunnel, che indica se la malattia è in fase acuta.

Infine si ricercano gli anticorpi IgG e IgM, che possono avere diverse risoluzioni, ovvero:

 

  • se entrambi risultano presenti la mononucleosi è in corso e si trova nella fase acuta;
  • se entrambi risultano negativi la mononucleosi non è stata contratta;
  • se gli IgG sono negativi e gli IgM positivi la malattia si trova nella prima-terza settimana;
  • se gli IgG sono positivi e gli IgM negativi la malattia ha passato la fase acuta e questa situazione può durare per moltissimo tempo, poichè gli anticorpi IgG rimangono presenti nel tempo a differenza degli IgM che scompaiono con la guarigione.

 

 

 

Presenza IgG   Presenza IgM  Presenza malattia 
 
No No No 
No
No

 

 

Andando più nello specifico, nei test vengono anche utilizzati due antigeni: il VCA e l'EBNA-1.

Il VCA viene utilizzato per trovare la presenza di anticorpi che vengono prodotti durante la fase acuta.

L'EBNA-1 viene utilizzato per trovare la presenza di IgG che vengono prodotti nella fase di convalescenza.

Vengono pertanto rilevate le presenza di VCA IgG, EBV IgM e EBNA-1 IgG. 

 

 

Ecco alcuni suggerimenti interpretativi  dei risultati ottenuti per Liaison EBV

 

IgM anti-EBV (U/ml) IgG anti-VCA (U/ml) IgG anti-EBNA (U/ml) Interpretazione
 <20 <20  <20  Negativo per EBV
> o uguale 20  <20 <20  Sospetta infezione primaria da EBV (fase precoce)
> o uguale 20 > o uguale 20 <20  Infezione primaria da EBV (fase acuta)
> o uguale 40 > o uguale 20 > o uguale 22  Infezione primaria da EBV (fase di transizione)
<40 > o uguale 20 > o uguale 20  Infezione pregressa o riattivata da EBV
<20 > o uguale 20 > o uguale 5  Infezione pregressa o riattivata da EBV
<20 >20 <5  Risultato dubbio (solo le IgG anti-VCA sono positive)
Altri risultati Altri risultati Altri risultati  Reattività sconosciuta per EBV

 

 

 

Tutt'oggi non sono stati ancora trovati dei farmaci che siano in grado di distruggere l'EBV e si cerca di evitare dei trattamenti antibiotici in quanto potrebbero rivelarsi nocivi, ma da un'ultima ricerca pubblicata dal Journal of Infections Diseases, si è arrivati alla creazione di un vaccino in fase sperimentale, che prende il nome di gp350 poichè grazie a questa glicoproteina viene facilitato l'ingresso del virus nelle cellule. Da questa ricerca è emerso che gli individui non vaccinati hanno una probabilità di sviluppare l'infezione cinque volte più elevata.

 

La terapia da seguire è quella che prevede il riposo del malato per tutto il periodo nel quale la malattia ha il suo stato acuto (febbrile) che ha una durata dalle quattro alle sei settimane; l'assunzione di sostanze che abbassano la febbre e di antinfiammatori; una dieta leggera ma nutriente con una consumazione di cibi integrali, verdura e frutta ed è anche preferibile evitare di compiere sforzi prolungati poichè potrebbero causare la rottura della milza (se ciò dovesse accadere si avrebbe un elevatissimo riversamento sanguigno nel corpo, ovvero una gravissima emorragia) e se ci fosse l'insorgere di una faringite accompagnata da problemi respiratori o di una soppressione midollare, bisogna assumere dei corticosteroidi. Infine il virus rimane nello stato di latenza nell'ospite anche dopo la guarigione e nei soggetti infetti l'eliminazione di questo attraverso la saliva continua quasi per tutta la vita. Il soggetto infetto smette di essere contagioso dopo cinque-sette settimane dal periodo acuto.

 

La percentuale di mortalità legata alla mononucleosi infettiva è molto bassa, ma il soggetto affetto può arrivare al decesso se riscontra o una rottura della milza o una miocardite virale o un'epatite fulminante; infine se il virus colpisce una donna in gravidanza non si riconoscono particolari rischi nè per il feto nè per la madre.

 

 

 

 Links e Riferimenti Bibliografici

 

 

Immagini 

 






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